Welcome to www.sopramaresotto.it | |||
|
![]() |
Parigi (Francia), 17-11-2005
Big Bang
Una grande mostra tematica al Centre Pompidou di Parigi
|
chiudi |
Torino, 09-11-2005
TAKASHI MURAKAMI e DORIS SALCEDO
T1 - Torino Triennale Tremusei
|
chiudi |
È sicuramente spiazzante la prima impressione che si ha nel vedere la mostra di Moshekwa Langa appena inagurata al Maxxi assieme a quelle dedicate agli architetti Toyo Ito e Paolo Soleri. Perché in realtà Langa è ...
Roma, 11-10-2005
MAXXI: un contemporaneo e due grandi architetti
La Repubblica, 10-10-2005
|
chiudi |
È sicuramente spiazzante la prima impressione che si ha nel vedere la mostra di Moshekwa Langa appena inagurata al Maxxi assieme a quelle dedicate agli architetti Toyo Ito e Paolo Soleri. Perché in realtà Langa è un «outsider» nell'arte contemporanea che mescola e sintetizza la cultura africana, (è nato nel '75 in un piccolo villaggio del Sudafrica), con gli schemi e le invenzioni artistiche europee. L'assemblaggio di tecniche differenti, è parte integrante del suo lavoro. I «ritratti», per esempio raffigurano spesso un uomo che porta in testa una pietra (un cappello, un fardello?), oppure sono maschere dai lineamenti enfatizzati che parlano di terrore e isolamento in modo inquietante.
Le «mappe» invece, una serie di spazi frammentati ricoperte di scritte simili a graffiti che da una parte sottolineano la suddivisione dei territori avvenuta in Sudafrica dopo il '66, dall'altra, citando come in un flusso di coscienza nomi di artisti, scienziati, letterati, costituiscono un «inventario» della vasta cultura del pittore ripercorrendo un linguaggio usato da artisti diversi tra loro come Boetti, Basquiat, Twombly. Infine i «collages», una serie di fili intrecciati fittamente tra loro su un fondo di pittura molto colorata, che raccontano del «viaggiatore» e allo stesso tempo del «tessitore» che cerca una sua identità nella complessità dell'esistenza.
Tre raffinati allestimenti illustrano poi il lavoro dell'architetto Toyo Ito, basato sul tentativo di liberare l'architettura dalla gravità. L'albero, la conchiglia e la duna, sono le metafore naturalistiche che ispirano rispettivamente l'edificio Tod's a Tokio, il Central Park a Fukuoka e il Parco per il Relax a Valencia Infine i disegni del filosofo architetto Paolo Soleri nati dalle utopie degli anni '70 dell'unione tra architettura e ecologia, presenti anche nella mostra all'Istituto Nazionale della Grafica con le rare progettazioni per l'Italia, e alla Casa dell'Architettura con i disegni dedicati alla città laboratorio americana di Arcosanti.
Maxxi, via Guido Reni 2. Dal martedì alla domenica, 11-19. Lun: chiuso. Fino all'8 Gennaio.
Vigevano, 11-10-2005
Dark Lady
settimana letteraria
|
chiudi |
Milano, 04-10-2005
Presentazione della monografia: Aldo Cibic
Frida Doveil presenta il suo libro
|
chiudi |
Il XXII congresso dell'Uia (Unione internazionale degli architetti) si è appena concluso, ma l'architettura italiana è ancora protagonista sulle rive del Bosforo. Merito della mostra «Dal futurismo al futuro possibile nell'architettura italiana contemporanea», inaugurata martedì in ...
Istanbul, 15-07-2005
Il meglio dell’architettura italiana sfila sulle rive del Bosforo
Il Giornale, 14 - 07 - 2005
|
chiudi |
Il XXII congresso dell'Uia (Unione internazionale degli architetti) si è appena concluso, ma l'architettura italiana è ancora protagonista sulle rive del Bosforo. Merito della mostra «Dal futurismo al futuro possibile nell'architettura italiana contemporanea», inaugurata martedì in uno dei luoghi più affascinanti di Istanbul, Tophane-i Amire, gli splendidi spazi della fabbrica di cannoni costruita da Mimar Koca Sinan, l'architetto cinquecentesco considerato il Michelangelo turco. Una sorta di basilica protoindustriale con merli e comignoli che accoglie l'allestimento di Gae Aulenti della mostra curata da un comitato scientifico presieduto da Franco Purini e composto tra gli altri da Livio Sacchi (entrambi presenti a Istanbul).
L'esposizione è ambasciatrice dell'architettura contemporanea italiana nel mondo. Allestita per la prima volta nel 2002 in Giappone presso il Tokyo Design Center attraverso la fondazione «Italia in Giappone», è poi sbarcata a Kobe, Caracas, Kuala Lumpur, in Australia e, in Europa, a Oslo, Reykjavik e Bruxelles e sarà presto a Città del Messico. L'impianto della mostra ha subito pochi ritocchi: 65 pannelli con altrettanti progetti dal 1990 ai giorni nostri in cui c'è tutta l'architettura italiana. I 65 progetti sono suddivisi in nove sezioni: dalle residenze (come Casa Wolf in Colorado, di Ettore Sottsass) agli edifici del sapere (il Polo universitario a Porta Tufi, Siena, di Natalini architetti), dai luoghi di lavoro (la sede iGuzzini a Recanati di Mario Cucinella) ai teatri (uno per tutti:
gli Arcimboldi di Gregotti a Milano), da musei e centri culturali (uno dei capolavori di Renzo Piano: il centro culturale canaco a Noumèa, in Nuova Caledonia) alle chiese (San Giovanni Battista a Desio, di Gabetti&Isola), passando per piazze, percorsi pedonali, grattacieli, complessi sportivi e restauri dell'antico.
Alla struttura portante della mostra si affiancano un filmato sul paesaggio italiano e i plastici di alcuni progetti e produzioni più recenti, ciò che trasforma la mostra in un work in progress. E a legare il futuro all'immediato passato, tempere, scritti autografi e altre testimonianze dei maestri del Novecento italiano, da Adalberto Libera a Antonio Sant'Elia, da Pier Luigi Nervi a Giuseppe Terragni, da Carlo Scarpa a Aldo Rossi.
A Istanbul c'è grande attenzione per la cultura italiana, come garantisce il direttore dell'Istituto italiano di cultura Silvio Marchetti, per iniziativa del quale la mostra è giunta nella metropoli turca. E ancor di più c'è attenzione per l'architettura italiana: l'inaugurazione della mostra è stata affollatissima ed è stata definita dal presidente dell'Uia il miglior evento collaterale del congresso. Una dimostrazione di come l'Italia, almeno in campo culturale, potrebbe ambire a un ruolo egemone nel bacino del Mediterraneo.
Milano, 04-07-2005
Vacanze e cultura: Occasioni per visitare mostre e architetture all’avanguardia a Praga, in Spagna e in Svizzera
marketpress.info, 04-07-2005
|
chiudi |
La rassegna è uno degli eventi artistici più importanti dell’anno e presenta in anteprima le nuove tendenze dell’arte contemporanea in fatto di video, fotografia, teatro, musica, attraverso 800 capolavori di 400 artisti da tutto il mondo su una superficie di 9.000 metri quadrati di spazio espositivo. Il tema principale della IBCA 2005 è il design di transizione della cultura post-moderna. Scopo della manifestazione é quello di promuovere il concetto di arte libera da sottomissioni politiche, culturali e da regole del mercato, attraverso la celebrazione dello splendore artistico raggiunto nell’era classico moderna della Repubblica Ceca.
Un paese votato all’arte che ha saputo esaltare il cubismo, così come il periodo surrealista, gli anni ’40, ’50 e ’60.
www.ngprague.cz/biennale
www.CzechTourism.com
Ancora più ricca, se possibile, la stagione artistica offerta dalla Spagna che spazia da una mostra su Annibale Carracci, Venere, Adone e Cupido al Museo del Prado di Madrid museoprado.mcu.es alle mostre su Matisse, Corot e Fragonard al Museo Thyssen.bornemisza
www.museothyssen.org .
A Barcellona invece é di grande interesse la mostra dedicata a “Joan Mirò. Architettura di un libro” alla Fundación Joan Miró www.bcn.fjmiro.es, mentre al Museo Gguggenheim di Bilbao www.guggenheim.org dominano l’Informalismo e l’Impero azteca.
E veniamo ad un paese amico e confinante. La Svizzera, con i suoi 980 musei, offre la più alta densità mondiale di luoghi deputati all’arte e alla cultura. Per farli scoprire nel migliore dei modi e accompagnarci in un viaggio lento e sapiente é arrivato “Arte e Architettura. Un itinerario tematico attraverso le città svizzere” di Svizzera Turismo. Presentato non a caso alla Scala di Milano, che proprio al ticinese Mario Botta deve il suo ultimo intervento di ristrutturazione nella nuova torre scenica e nella maestosa ellissi. Il libretto/vademecum invita ad un viaggio nella Confederazione Elvetica come destinazione europea all’avanguardia nell’offerta culturale e architettonica. Accanto alla Svizzera da cartolina, fatta di paesaggi mozzafiato e mucche al pascolo, cioccolato e formaggio con i buchi appare una terra di grande ricerca e risultati all’avanguardia.
Sono illustrati con le loro opere architetti svizzeri che sul territorio hanno lasciato il loro segno - si pensi a Le Corbusier, Mario Botta, Herzog & De Meuron, Peter Zumthor... -, ereditando il testimone da illustri predecessori come Francesco Borromini da Bissone. Ma anche artisti stranieri che in Svizzera hanno trovato terreno fertile per le loro opere - Renzo Piano, Santiago Calatrava, Jean Nouvel, Norman Foster. Le loro opere innovano modernamente un territorio già nobile per i nuclei storici e i monumenti inseriti nella lista del Patrimonio dell’umanità UNESCO: Castelli di Bellinzona, centro storico di Berna, abbazia di San Gallo, abbazia di San Giovanni Battista a Mùstair.
A parte i capolavori d’autore, il territorio svizzero appare punteggiato da centri culturali di rilievo mondiale: la Fondazione Beyeler di Basilea, l’Hermitage a Losanna, la Fondazione Gianadda a Martigny, il Kunsthaus di Zurigo, la Collezione Rosengart a Lucerna e, ultimo nato, il Zentrum Paul Klee di Berna, opera di Renzo Piano inaugurato in giugno. Il vademecum “Arte & Architettura” riporta consigli e indicazioni per scoprire il patrimonio architettonico e culturale della Svizzera lungo un percorso composto da 26 tappe, ognuna delle quali fa capo a un centro cittadino. La pubblicazione è inoltre accompagnata da un libretto tascabile all’interno del quale si trovano tutte le informazioni pratiche utili, oltre alle indicazioni riguardanti ristoranti e alberghi divisi per tipologia - da quelli d’arte e architettura a quelli alla moda, dalle strutture romantiche a quelle economiche.
www.MySwitzerland.com
Avete mai letto un libro di Asimov? Avete mai visto un film di Spielberg? Avete mai pensato al futuro immaginando il domani che verrà? Ecco. Il nuovo Allianz Arena, lo stadio che il prossimo 9 giugno ospiterà ...
Monaco, 04-07-2005
Ultimo stadio: Un “ciambellone” da 340 milioni
Il Messaggero, 03-07-2005
|
chiudi |
Avete mai letto un libro di Asimov? Avete mai visto un film di Spielberg? Avete mai pensato al futuro immaginando il domani che verrà? Ecco. Il nuovo Allianz Arena, lo stadio che il prossimo 9 giugno ospiterà la partita inaugurale dei mondiali di calcio Germania 2006, è un po’ tutto questo, un disco volante che si accende, un Colosseo ambientato su Marte, un’emozione che lascia sgomenti. Cala la sera e le 2.874 losanghe di plastica gonfiate dai compressori e controllati dalle sonde alla pressione di 0.3 bar cambiano colore: bianco, rosso, blu. I led luminosi ti sparano negli occhi, resti basito e pensi all’Olimpico, ormai buono giusto per giocarci a Subbuteo.
Benvenuti nel futuro, 20 minuti di metropolitana a nord di Monaco di Baviera dove la Grande Germania ha preteso la costruzione del nuovo tempio pallonaro degno di Star Trek. La visita costa otto euro, lo stadio invece è costato 340 milioni di euro, tre anni di lavoro, un referendum popolare, un’inchiesta penale per tangenti (in questo siamo bravissimi anche noi) e tutto il sapere illuminato di uno dei più grandi studi di architetti del mondo, il dicastero svizzero Herzog & De Meuron che ha battuto nel concorso altri ventotto pretendenti.
Da fuori si vede solo un gigantesco ciambellone argentato perchè la struttura di cemento armato è foderata da uno strato di etilene tetrafluoro spesso appena 0.25 millimetri (una plastica che non brucia, giurano che resista a una molotov, sarà...) e riempita di aria preriscaldata essiccata per evitare forme di condensa. La centrale dei computer, gli stessi usati alla Nasa, gestiscono tutto, compresa ovviamente la colorazione dell’impianto. Treperseidiciotto: nel tempo di dirlo, o anche solo di pensarlo, il cimbellone cambia colore: rosso se gioca il Bayern, blu se gioca il Monaco 1860 (le due squadre padrone dell’impianto), bianco se gioca la nazionale tedesca.
Sessantaseimila posti pazzeschi. Tutti seduti su poltroncine in tessuto a nido d’ape uguale a quello delle polo Lacoste e con lo spazio per accavallare le gambe. Niente recinzioni, niente pista d’atletica, i giocatori li puoi toccare, e anche dal punto più alto del terzo anello, 39 metri, sembra di essere l’arbitro. Il tetto si apre e si chiude elettricamente, l’acustica è da auditorium, se uno dice bah al centro del campo lo senti anche in cima all’ultimo riflettore. Tre ristoranti di cui uno à la carte , venti bar, cinquemila posti auto coperti nei quattro piani sottoterra, 106 salette vip da sessanta posti l’una già tutte prenotate fino al 2016. E terreno di gioco riscaldato da 35 a 50 gradi a seconda le condizioni del tempo. Quanto agli spogliatoi - quattro per le squadre, quattro per arbitri e delegati - sembrano le suite del Burj Al Arab di Dubai, tappeti rossi, azalee, schermi al plasma, tre piscine, due stanzoni riscaldamento e la zona massaggi: provato anche il sofà dove si farà massaggiare Beckham, comodissimo.
In tutto l’impianto naturalmente (naturalmente...) non valgono i soldi, come in un club Mediterranée. Il biglietto è una card nominale ricaricabile a scalare, tre euro una coca, cinque euro un panino, gli euro non sono accettati. Comincia lo show ed ecco l’ingresso dei giocatori in campo: noi abbiamo i tunnel di plastica che si allungano a mano, loro una fetta di prato che si solleva elettricamente e poi si richiude. Gli architetti erano rimasti colpiti dall’ingresso nell’arena di Russell Crowe nel film Il Gladiatore . Hanno modificato solo qualche dettaglio...
Genova, 23-06-2005
Perìcu e Piano d'accordo sull'idea di città
La Repubblica - 23.06.2005
|
chiudi |
Mai detto che Piano abbia portato disturbo, anzi, dice Beppe Perìcu: ed è pronto, prontissimo ad arrabbiarsi con l'architetto, annuncia, se si sentirà dire che la città ha remato contro. Lui, almeno, non l'ha fatto di sicuro. «Mi farebbe piacere che restasse impegnato, noi continueremo a lavorare con il gruppo di tecnici che si è costituito per cercare di trasformare l'affresco in uno strumento urbanistico», spiega il sindaco. «E penso che come me la maggioranza dei genovesi ritenga che dobbiamo sviluppare il porto e recuperare la città» insiste, ritornando alla discussione in consiglio comunale di martedì dove non sono mancate le critiche anche da parte della sua maggioranza, chiarendo che sì, tutto andrà discusso politicamente «purché non ragioniamo tutti come fossimo onniscienti», che determinati dubbi verranno risolti dagli approfondimenti tecnici, ma che non ci sono in ballo le sue dimissioni.
Però il sindaco non ci sta nemmeno a sentir dire che la scelta di costruire un porticciolo turistico a Punta Vagno sia già certa. «Dovrebbero rinchiuderci se costruissimo una sorta di Port Grimaud davanti ad una zona di architettura razionalista come piazza Rossetti. Cosa vuol dire che il progetto ha avuto l'ok del Cipe? A noi non va bene, l'abbiamo detto, ed è il Comune che decide cosa fare in città, non il Cipe: potrebbe aver detto di sì anche l'Onu, a noi non importa». Invece, chiarisce, ho chiesto a Piano di disegnare un progetto che vada da calata Gadda a Punta Vagno; e l'idea del porticciolo davanti alla Foce «è più che altro un'idea dei riparatori navali, che pensavano di spostare lo Yacht Club e tombare il porticciolo Duca degli Abruzzi. Ma il ministero dei beni culturali ha bocciato l'idea, e non si cambia anche se dovesse cambiare il ministro». Perìcu specifica che sull'idea di città di Piano è d'accordo: lo dice anche il presidente della Regione, Claudio Burlando.
Nega di aver mai detto che l'affresco blocca il piano regolatore portuale: «Ho detto invece che questo è un porto fermo da 4 o 5 anni. Ma l'ampliamento della Bettolo, di Ronco e Canepa cos'altro sono se non il primo pezzo di questo affresco? Quelle di Piano sono tutte ipotesi che condividiamo, tant'è che c'è un faticoso lavoro per venirne a capo e renderle operative». Per l'Autorità Portuale parla il presidente Giovanni Novi. «Si è scocciato? Si è scocciato davvero? - chiede Novi al telefono da Londra - Beh, capisco la sua amarezza, ha interpellato tutti quanti e, nonostante questo, è sistematicamente oggetto di accuse e di attacchi».
Ma a questo punto il rischio è perdere davvero la matita del grande Architetto. O no? «Guardi, io sono convinto di riuscire a recuperarlo - dice Novi - Non possiamo permettere che vinca quest'ala conservatrice abituata a tenere tutto bloccato, ce la faremo, si tratta solo di mettere a posto alcune criticità, poi si può partire. Il porto ha bisogno di Renzo Piano».
«Ormai su ogni questione portuale siamo di fronte a un processo di forzatura dei toni che esaspera tutto quanto e lo fa ricadere sugli assetti attuali dell'authority - spiega l'assessore all'Economia del Comune Mario Margini - Forse qualcuno non ha ancora capito che non è in discussione un assetto portuale, ma il futuro della città, i suoi prossimi trent'anni. Chi attacca Novi non fa un lavoro meritorio. Lui sconta difficoltà pregresse, ma va aiutato a raggiungere i suoi obiettivi. E in questo tutti gli enti locali sono uniti». Per il deputato Ds Graziano Mazzarello: «C'è uno strano dibattito che contrappone le opere previste nel Piano regolatore portuale con il disegno di Renzo Piano. Ma le opere sono ferme per il blocco dei finanziamenti, che bisogna sbloccare». L'ex governatore Sandro Biasotti si augura che: «Piano possa tornare sulla sua idea altrimenti questa città muore. Io lo devo dire: Burlando rappresenta gli interessi, legittimi, di alcuni imprenditori ma la città deve andare avanti».
Roma, 17-06-2005
In mostra le tavole di Moretti per 'la casa delle armi'
Avanti! - 17.06.2005
|
chiudi |
Un edificio avvilito e stravolto da decenni di abbandono e vergognosa noncuranza. I lavori ordinati dal ministero dei Beni culturali sono fermi da un anno, ma la stagnazione che caratterizza lo Stato italiano per fortuna sono osteggiati dall'altrettanto caparbia buona volontà di chi, sempre da parte statale, si impegna a restituire ai cittadini e alla cultura italiana un pezzo di storia dell'architettura.
Si è infatti aperta ieri pomeriggio nella sede dell'Archivio Centrale dello Stato la mostra dei disegni progettuali che Luigi Moretti realizzò nel 1934 per la Casa della Scherma (o Casa delle Armi) che venne poi edificata nel 1936. Dei 150 disegni disponibili ne saranno visibili al pubblico la metà. 'Si tratta - ci dice il professor Aldo Ricci, sovrintendente dell'Archivio e ideatore dell'esposizione - di migliaia di plastici e di progetti delle opere a cui Moretti lavorava.
Questa è la prima mostra dedicata alla Casa delle Armi che per vent'anni è stata usata come aula bunker e quindi era stata sottratta all'iniziale destinazione. La mostra ideata da Ricci è realizzata con la collaborazione di un gruppo d’architetti che lavorano all'Archivio Centrale: Massimo Domenicucci, Flavia Lorello, Franco Papale e Cristina Mosullo. Una mostra che ha almeno tre motivi d’interesse, sottolinea Aldo Ricci: 'Per la prima volta, vengono presentati i disegni di Moretti; in questo modo viene offerta agli esperti tutta la documentazione necessaria per poter fare una seria riflessione sul restauro e sulla destinazione futura della Casa delle Armi.
Terzo ma non ultimo motivo, questa mostra costituisce il primo capitolo di un'ampia riflessione sull'opera di Moretti che culminerà nel 2007 con una grande mostra antologica in cui saranno coinvolti, oltre all'Archivio, la Facoltà di Architettura di Valle Giulia nella persona del professor Paolo Portoghesi e del professor Muratore e l'Archivio Moderno di Membrusio, un prolifico centro studi culturale svizzero'.
Tra i documenti più interessanti da ieri esposti, il primo bozzetto del grande mosaico esterno di Angelo Canevari. Un excursus che ci fa capire le trasformazioni e i ripensamenti sull'opera dell'architetto romano che fece parte di quella valida e ristretta schiera di architetti romani che operarono con senso di responsabilità negli anni che vanno dal 1925 al 1940 in cui nacquero le correnti di un'architettura più che nuova, diversa nella sostanza eminentemente non muraria, ma prevalentemente figurativa.
Dal dopoguerra in poi, la sua architettura si carica di un forte valore autobiografico ponendosi al lato di una diffusa cultura populista che ha caratterizzato tutto il neorealismo. Se difatti negli anni del regime Moretti lavorò su tematiche condivise da un dibattito impegnato, dalla fine della guerra in poi, la sua sarà una ricerca incentrata sul personale dove il significato della forma discende da questioni fondanti della composizione e dalla lezione dei classici.
E proprio una delle più apprezzate opere di questo geniale architetto e artista, fu assegnato negli anni bui all' 'uso governativo' passando così alla gestione dei ministeri di Grazia e Giustizia e della Difesa. Speriamo che adesso quest’illuminante mostra voluta dall'Archivio Centrale dello Stato che possiede i disegni di Moretti, contribuisca a restituire un po' di luce ad un'opera fin troppo martirizzata.
Pochi mesi fa è stato inaugurato uno dei sui ultimi lavori, vale a dire il restauro di Palazzo Roccella, ormai noto alla città come il Palazzo delle Arti di Napoli, il Pan.
Roberto Di Stefano non ha potuto ...
Napoli, 17-06-2005
Addio a Di Stefano, maestro del restauro architettonico
Il Mattino - 17.06.2005
|
chiudi |
Pochi mesi fa è stato inaugurato uno dei sui ultimi lavori, vale a dire il restauro di Palazzo Roccella, ormai noto alla città come il Palazzo delle Arti di Napoli, il Pan.
Roberto Di Stefano non ha potuto partecipare all'evento per ragioni di salute, e si è spento ieri, all'età di sessantotto anni, lasciando la comunità accademica in profondo cordoglio. Viene a mancare infatti all'Ateneo Federico II un professore emerito nella disciplina del restauro che attraverso gli scritti, le opere e la direzione di prestigiose istituzioni ha conseguito una chiara fama internazionale. Il tratto distintivo di Roberto Di Stefano è stato proprio quello di saper coniugare l'attività didattica e scientifica con la capacità di promuovere attraverso convegni e strutture di ricerche una rete di scambi culturali di alta caratura.
È stato presidente internazionale dell'Icomos dal 1987 al 1990, ha diretto l'Istituto di storia e restauro dell'architettura (dal 1970 al 1990) e successivamente il Dipartimento di conservazione dei beni architettonici (dal 1993 al 1999). Per un decennio (dal 1976 al 1986) ha guidato la Scuola di specializzazione in restauro dei monumenti, una delle istituzioni più accreditate in Europa, fondata dal suo maestro Roberto Pane. Non desta meraviglia pertanto il fatto che il presidente della Repubblica Sandro Pertini gli abbia conferito la Medaglia d'oro alla cultura e che abbia voluto tagliare di persona il nastro per l'inaugurazione del restauro del convento di San Pietro Martire (nel 1982) destinato a sede della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Federico II.
Tra molti saggi scritti da Roberto Di Stefano merita una particolare menzione quello dedicato a La cupola di San Pietro (1963, tradotto in varie lingue). Qui l'autore rivela la sua formazione di ingegnere che, unendosi alla cultura storico-umanistica, dà luogo ad un'interpretazione inedita e complessa della struttura dell'organismo architettonico. Per queste sue innegabili doti di esperto della logica del costruire, Roberto Di Stefano è stato insignito del ruolo di «ingegnere capo» della Torre di Pisa.
Museo Palladio in palazzo ...
Vicenza, 17-06-2005
La villa nel mondo
Museo Palladio, 20-21-22 giugno 2005
|
chiudi |
Museo Palladio in palazzo Barbaran da Portocontra’ Porti, 11
20-21-22 giugno 2005.
L’ingresso è libero.
lunedì 20 giugno 2005 ore 9.30 -18.00
La villa dall'Estremo Oriente all'Occidente
martedì 21 giugno 2005 ore 9.30 -18.00
Aspetti della villa in Europa
mercoledì 22 giugno 2005 ore 9.30 -18.00
La villa nelle Americhe dalla soggezione coloniale all'indipendenza
Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio
tel. 0444.323014 - fax 0444.322869
mail: courses@cisapalladio.org
By Barry Didcock
NOBODY who ever met Benedetta Tagliabue would say she was short on confidence. Not the late ...
Glasgow, 01-06-2005
Hooray for Holyrood- Benedetta Tagliabue per lo Scottish Design Awards
the sunday herald - 22.05.2005
|
chiudi |
By Barry Didcock
NOBODY who ever met Benedetta Tagliabue would say she was short on confidence. Not the late Donald Dewar, who hired her Barcelona-based company to build Scotland’s parliament; not the accountants who snapped at her heels throughout that building’s painful gestation and birth; not the MSPs who raised such a hollow hullabaloo about the whole thing. Who else but a confident woman would have continued with the project after the death of its creative engine, her architect husband Enric Miralles? Who else would appear unbowed before an inquiry into its delay and overspend and fight her corner in a tongue that isn’t even her second language, far less her first?
But even a confident woman needs recognition and Benedetta Tagliabue is no exception. This week she will get it where it counts: at the prestigious Scottish Design Awards in Glasgow, for which the Scottish parliament is nominated in the best publicly-funded building category. It may also win in two further categories, the Grand Prix Award and the Chairman’s Award. Last month the building also won Spain’s top architectural competition, beating a field of 200 other projects to the £20,000 winner’s cheque.
For the 42-year-old Italian-born architect, this twin recognition in both her adopted homeland and in Scotland brings a sense of accomplishment and, she admits, closure to a gruelling five years.
“If we win I will be very happy. It will be a good counterpoint to all this criticism and scandal. And it will be something that gives me a lot of faith that we tried to do our best and something good has been done.”
We’re sitting in the Barcelona offices of EMBT, the company Tagliabue founded with Miralles in 1993 and which she has run since his death in July 2000. Like her, the offices are chic and smart, housed in a crumbling building in the old town, itself tucked away down a sidestreet near the bottom end of Las Ramblas. Wooden doors, twice the height of a man, give way to a shaded courtyard dominated by a vast concrete sculpture. Above that sculpture hangs another, this one made of cane. Inside is room after airy room filled with young people building models or hunched over computers. Not one of these dreadlocked skate-punks looks older than 30.
Bossanova music plays gently on a stereo in the corner of one space; another is walled from floor to ceiling with books; a third gives on to a patio through massive glass doors. Light flexes don’t just hang here, they snake down the walls in deliberate Joan Miro-esque squiggles. With its burnished wood, ancient floor tiles and faded ceiling murals it is very Old Spain; but in its playful mixture of modernity and heritage it is New Spain incarnate. And it was here, amid this clash of styles, that Miralles planned the building that has come to represent so much.
Of course, Miralles was Catalan first, Spanish second and his appointment was a cute political gesture on the part of the Scots, two fingers to the beaks at Westminster and a sly salute to the gallery. That a brain tumour felled him at 45, and left his widow to complete the job, is just one of those quirks of history, grimly ironic when you consider the trouble another Italian, Mary Queen of Scots’ favourite David Rizzio, once caused across the road at Holyrood Palace.
Rizzio died by the knife, of course, murdered in 1566 by followers of the queen’s jealous husband, Lord Darnley. The only assassination attempts on Tagliabue were on her character and her professional reputation.
In The Gathering Place, the controversial BBC Scotland documentary about the building of the parliament, she was portrayed as wilful and difficult. Meanwhile the newspapers pounced on every setback and rift and, from among the ranks of MSPs, Margo McDonald’s voice was just the loudest of the many raised in protest. Even the odd Edinburgh cabbie had a go. “Once I went in a taxi and the driver was criticising the parliament. But, when he found out I was the architect, he started to change,” she laughs.
But neither her character nor her professional reputation suffered any long-lasting harm and today she harbours no anger or resentment at her treatment. She never did, she says.
“I was very tired, having to face a difficult situation like the Fraser Inquiry. I think I speak in a very poor way because I am foreign and I don’t control my language. It’s not very easy. In a situation like that one I always thought the politicians had to do their job and maybe this was the only way out. But I was never really angry – not even with Margo McDonald.”
The two women didn’t exactly kiss and make up, but they have spoken. “I went to say hello,” says Tagliabue. “Well, what are you going to say? I think it is very important to have a good relationship with everybody, even if they have a different position.”
As far as she’s concerned the controversy about the parliament is over. It was barely covered at all in Spain and, while we Scots are still obsessed with it, she at least has moved on.
Today, when she gives lectures, she talks about her new projects: a subway station in Naples, a building in Hamburg, a children’s school in Nepal. The Scottish parliament may be the biggest project her company ever embarked on, but it is now in the past. It is built. End of story.
Still, she says she has learned from the experience, a positive lesson about trusting your vision. “I always believed there was a great idealistic aim at the heart of the Scottish parliament. I never lost my faith in that and it gave me a lot of strength. Now I see that everybody is recognising that and that the money was spent with a good aim. So the lesson is positive, trying to really believe in this noble part of the human spirit, that we really have to trust.”
Tagliabue has other, more personal reasons for putting the parliament behind her. It will be five years in July since her husband died and for four of those years she has been struggling with the project, taking it on alone even as she was trying to grieve. It has eaten into her time, into her health and into her children’s lives. To be able to walk away from it means she can finally turn her back on a calamitous chapter in her life.
“I had strange feelings when I was finishing the Scottish parliament,” she says. “I had the feeling, ‘Well now you are finishing your time with Enric. Now it’s your turn alone’. And it was kind of a crisis for me, but it was totally important to arrive at this point.”
It was only last year that she really started to grieve. “It took a long time,” she says. “I really needed Enric next to me while I finished the Scottish parliament so in a way to me he was very present. I knew he was dead, of course, but I had him present. In a way I was in a continuous conversation with him. ”
For this year’s anniversary of his death on July 3, she is planning something quiet, a service in a country church, perhaps, surrounded by family and a few friends. She brought her children to Scotland for the official opening of the parliament building last October. It was important to her that they see the place their father had designed and which had caused their mother to be away from them so much. She digs out a digital camera and shows me a picture of her son, seven-year-old Domenec, sitting in the debating chamber and another of her daughter, 10-year-old Caterina, inside the building. Did they meet the Queen? “No,” she replies, ruefully.
Post-parliament, however, there is no let-up in Tagliabue’s hectic schedule. The week after I see her in Barcelona, she is to visit Luxembourg (Monday), London (Tuesday) and Madrid (Wednesday). If that’s a typical week I suspect her children still don’t see her much.
“They are used to their mother being away but they were worried, especially at the beginning. When you are conscious that someone can disappear like this you are really afraid about losing everybody that you love. But then little by little we developed a kind of inner strength so that I accepted my role more and they also accepted it – that I am a mother who is often absent a lot.
“Maybe in the future I’ll be able to be with them more but right now I feel that, even if I don’t have work as big as the Scottish parliament, I have other things. I travel around. It’s becoming a habit.” Does she think she’ll regret not seeing her children grow up? “I don’t know,” she says. “I hope not. I don’t think so.” She adds that she would regret more not finishing the projects she and Miralles had on the table when he died.
How to square the circle of a young family and all-consuming passion for design is exactly the conundrum film-maker Nathaniel Kahn investigates in My Architect, his film about his father, the architect Louis Kahn. Kahn was commissioned by the Bangladeshi government to build its National Assembly in Dhaka but died before it was completed.
I ask Tagliabue if she’s seen My Architect. She says she’d like to but she keeps missing it. But she tells me she’s seen the building in Bangladesh – she and Miralles travelled there before they were awarded the Scottish commission. They also visited Chandigarh in India to see the Palace of Assembly, built in the 1950s by the Swiss brutalist Charles-Edouard Jeanneret, better known as Le Corbusier.
“Of course we admired those two buildings – they were fantastic. But if you do something new you have to take a step forward, or at least you have to try. What we decided was to do something different.”
There may be more awards in the offing for Benedetta Tagliabue and the Scottish parliament, that “different” building that she and her husband first envisioned on their first trip to Edinburgh, as they stood on Salisbury Crags and looked down on the old brewery site.
On October 15, the winner of the Stirling Prize will be announced. It is the UK’s richest architecture award and, as usual, the ceremony will be shown live on Channel 4. This year’s venue for the event is the National Museum of Scotland in Edinburgh; this year’s winner is … well that’s decided on the day, but it does seem rather neat, doesn’t it?
If the Scottish parliament was to be garlanded with such an internationally recognised award – on top of the ones it might win this week – it would substantially alter the way we view the building. To use a word that politicians like, it would change the narrative, fix into the story a sense of pride that is so far lacking.
On the way out of Benedetta Tagliabue’s office, I spot a postcard by the door. It’s tattered and bent, placed on a table, forgotten about. It’s an image of Edinburgh and it shows a view of the Assembly Hall from the foot of The Mound, with the new extension to the National Gallery in the foreground. I turn it over, keen to see who it’s from. Not Margo MacDonald, I’ll bet, but an admirer perhaps. Or just somebody saying thanks for all the hard work. In fact, it’s blank. A memento only and it seems to encapsulate Scotland’s feelings towards Tagliabue and her company and her dead husband’s vision. A blank space on which nothing has yet been written. But that could be about to change.
The words of thanks, I think, are coming – perhaps on a postcard with the building itself on the other side.
The Scottish Design Awards take place in Glasgow on Friday, May 27. The Sunday Herald is the media sponsor.
In collaborazione/collegamento con: Città del Capo - Radio Metropolitana (94.700 e 96.250 Mhz).
Le 3 conferenze andranno in onda all'interno di:
Humus il programma di approfondimento culturale di Città del Capo - Radio Metropolitana.
Per ...
Città del Capo, 01-06-2005
Ciclo di radio-conferenze: ASCOLTARE L'ARCHITETTURA
Lunedi: 30 Maggio, il 6 giugno e il 13 giugno | ORE 17.00 alle 17.30.
|
chiudi |
In collaborazione/collegamento con: Città del Capo - Radio Metropolitana (94.700 e 96.250 Mhz).
Le 3 conferenze andranno in onda all'interno di:
Humus il programma di approfondimento culturale di Città del Capo - Radio Metropolitana.
Per poter ascoltare la radio via internet il sito è:
www.radiocittadelcapo.it.
la rassegna propone un palinsesto in cui si cercherà di comprendere come l'architettura viene comunicata al grande pubblico dalle riviste generaliste.
Palinsesto
Primo contatto: L'ARCHITETTURA PER TUTTI
lunedì 30 maggio
parla: Sebastiano Brandolini, critico d’architettura D-CASA, allegato La Repubblica.
parla: Sara Banti, caposervizio architettura CASAMICA, allegato Corriere della Sera.
Terzo contatto: L'ARCHITETTURA VISTA DA CASA
lunedì 13 giugno
parla: Lorena Bari, responsabile arte Nonsolomoda (Canale 5).
parla: Marta Francocci, storica dell’arte CULT, network-SKY e RAI RADIO 3.
Herford, 27-05-2005
Herford“si offre” un'opera di Gehry
Gehry e il 'MARTa'
|
chiudi |
Si tratta di un edificio costoso, molto costoso: 29 milioni di euro (a fronte di 15 milioni d’euro stimati inizialmente) per un centro culturale di 12.000 metri quadrati di superficie battezzato 'MARTa'. Le sale d’esposizione occuperanno approssimativamente un’area di 2.000 metri quadri.
Jan Hoet, manager del nuovo emblema della città, ha dichiarato candidamente:
"Pourquoi Gehry à Herford ? Parce que la région est connue pour son étroitesse d'esprit,. Il faut envisager un musée comme un appareil critique plutôt que comme un symbole décoratif de la société."
Anche in questa occasione , come era già accaduto nel caso di Bilbao, l’inaugurazione è stata preceduta ed accompagnata da manifestazioni di viva ostilità.
MARTa Herford, Goebenstr. 4-10, 32052 Herford, Allemagne.
Tel : + 49 (0) 52 21 99 44 300.
The Whitney dal 1966 usufruisce ...
New York, 27-05-2005
Al via l'ampliamento del Whitney Museum di Renzo Piano
Piano per il Whitney
|
chiudi |
The Whitney dal 1966 usufruisce degli spazi progettati da Marcel Breuer. Due precedenti tentativi d’espansione degli edifici erano falliti in seguito a proteste e opposizioni.
In entrambi i casi i progetti, vincitori di regolari gare pubbliche, erano già stati approvati ufficialmente.
Martedì notte la Landmarks Preservation Commission ( l’Organismo atto a tutelare i monumenti di New York) ha approvato definitivamente il progetto di Renzo Piano, dopo le modifiche che il Whitney stesso ha apportato alla versione inizialmente proposto da Piano.
Il progetto di trasformazione ideato da Renzo Piano, era stato violentemente criticato perchè prevedeva la demolizione di un certo numero di case in pietra scura salvaguardate dalle belle arti.
Dopo varie discussioni che hanno coinvolto direttamente i cittadini, si è raggiunto un accordo e la definitiva approvazione, quando il progetto di Piano, ridimensionato, prevedrà la demolizione di una sola casa.
Venezia, 27-05-2005
Leone d'oro alla Carriera all'artista statunitense Barbara Kruger
10 giugno 2005
|
chiudi |
L'artista presenta, nell'ambito della mostra L'esperienza dell'arte a cura di María de Corral, la nuova grande installazione Untitled (Façade), 2005, "tatuaggio murale" ideato per l'occasione, che verrà realizzato sulla facciata del Padiglione Italia ai Giardini.
Il Leone alla Carriera a Barbara Kruger sarà consegnato venerdì 10 giugno a Venezia nel corso della cerimonia di premiazione della 51. Esposizione presso il Teatro alle Tese dell'Arsenale, in cui saranno consegnati anche tutti gli altri premi ufficiali.
La commissione straordinaria, prefetto Paolo Guglielman, vice prefetto Enrico Galeani, dirigente Emilio Buda, in collaborazione con il il capo ripartizione cultura dott. Lucia Manduca, ha ...
Niscemi, 27-05-2005
«Ra Chiazza a Tunnu»: dalla Piazza al Tondo
Restauro della Piazza Vittorio Emanuele
|
chiudi |
La commissione straordinaria, prefetto Paolo Guglielman, vice prefetto Enrico Galeani, dirigente Emilio Buda, in collaborazione con il il capo ripartizione cultura dott. Lucia Manduca, ha voluto solennizzare le opere di riqualificazione urbana e restauro della Piazza Vittorio Emanuele, della via IV Novembre, dove si affaccia l'ex convento delle Grazie, ora sede della biblioteca comunale «Mario Gori, del «Tunnu», il belvedere da cui si vede, nelle belle giornate, l'Etna.
Milano, 13-05-2005
Electa pubblica i cataloghi di quattro grandi mostre di architettura maggio: alla Triennale di Milano e al Maxxi di Roma
marketpress.info - 12.05.2005
|
chiudi |
In particolare, infatti, la mostra ripercorre le tappe dell’avvicinamento della nuova istituzione alle problematiche dell’architettura, mettendo in rilievo il progressivo slittamento dei suoi interessi dall’ambito delle arti decorative e industriali a quello dell’architettura e dell’urbanistica. Saranno prese in esame, a tal fine, le edizioni del 1927 e 1930 a Monza, quelle del 1933 , 1936 e 1947 a Milano, ricostruendo di volta in volta i punti salienti di un accento che dalla generica proposta della casa come luogo di plaisir si sposta sempre più drammaticamente su quella della casa come valore sociale.
La costruzione del quartiere Qt8 – cui la Triennale su intuizione di Piero Bottoni legò in modo indissolubile il suo legame con la città di Milano - fu l’acme di un interesse e di un pathos etico forse mai più raggiunto in passato e che la Triennale oggi vuole raccogliere e riproporre all’attenzione della società contemporanea e non solo al mondo dell’architettura e dell’urbanistica.
Le case della Triennale Milano, Triennale da martedì a domenica: 10.30-20.30 lunedì chiuso ingresso: € 5,00/4,00/3,00 informazioni: 02/724341 “Giancarlo De Carlo - Le Ragioni Dell’architettura “ dal 31 Maggio al 15 Settembre 2005 Roma Maxxi - Museo nazionale delle arti del Xxi secolo. Promossa dalla Darc - Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee in collaborazione con Centre Georges Pompidou - Paris e Archivio progetti - Iuav Istituto universitario di architettura - Venezia In mostra progetti, disegni, video, fotografie, installazioni multimediali che raccontano un personaggio anticonformista, complesso e inesauribile e 50 anni di architettura italiana Ottantacinque anni, di cui oltre cinquanta dedicati alla progettazione e all’insegnamento dell’architettura e dell’urbanistica, in Italia e negli Stati Uniti.
Diverse lauree honoris causa, premi in tutto il mondo, presidente dell’accademia di San Luca dal 2000 al 2002 e, di recente, la medaglia d’oro per la cultura conferitagli dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nel suo "curriculum", tra l’altro, i centri universitari di Urbino, Siena, Pavia, Catania; diversi piani regolatori; le case popolari di Terni (Villaggio Matteotti) e Mazzorbo, nella laguna veneta e, da ultimo, un progetto per Beirut, ancora in fieri. A Giancarlo De Carlo, architetto "outsider", personalità forte, complessa e poliedrica, coerente e perseverante, inquieta e a volte scomoda, da sempre animato da una visione sociale e "partecipata" dell’architettura, sollecitatore di accesi dibattiti culturali e agitatore di coscienze, il Maxxi dedica una mostra che aprirà i battenti il prossimo 31 Maggio.
La mostra si propone come un percorso espositivo integrato che, oltre ai disegni e ai documenti dell’archivio De Carlo (con attenzione sia ai progetti più recenti come le residenze di Beirut, esposte per la prima volta in questa occasione, sia a quelli ormai consacrati come il caso di Urbino), presentasse al pubblico la fitta rete delle relazioni, degli ambienti e delle storie che ruotano intorno alla figura dell’architetto, e come queste si riflettano e generino i progetti". Giancarlo De Carlo – Le ragioni dell’architettura Roma, Maxxi - Museo nazionale delle arti del Xxi secolo, via Guido Reni 2, dal 31 Maggio al 15 Settembre 2005, tutti i giorni ore 11/19, chiuso il lunedì info: tel 06. 320.23.00; fax 06.320.29.31, www.Darc.beniculturali.it E inoltre a giugno: “Tavora, Siza, Souto de Moura” Fotografie di architettura & visioni dal Portogallo Bari, Castello Svevo, 15 giugno - 5 luglio 2005. “ Kengo Kuma “ da metà giugno 2005 Siracusa, Palazzo della Provincia.
Rimini, 22-04-2005
“Ai confini del mare”: tutti i premiati del concorso
Corriere Romagna - 18.04.2005
|
chiudi |